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Mussolini e il petrolio iracheno
Il libro
Subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, sulle rovine dell’Impero ottomano, la Turchia e le potenze vincitrici si contendono il controllo su una piccola provincia del neonato Regno di Iraq. La zona di Mossul, ricchissima di petrolio, diventa l’epicentro di un conflitto politico e diplomatico che rischia più volte di farsi armato. È una crisi che per la prima volta rivela l’abbraccio incestuoso tra diplomazie occidentali e interessi petroliferi, in uno schema che non sarà mai più così chiaro e trasparente. Ma è anche la prima esibizione muscolare di Mussolini nel mondo, in una vicenda che mostra i tratti già vecchi di un regime in formazione. Una vicenda profetica e appassionante, che Mauro Canali ci racconta sulla base di documenti inediti raccolti negli archivi italiani e statunitensi.
Il racconto della «questione di Mossul», che si trascinò dal 1919 al 1926, è la storia di una piccola guerra politico-diplomatica che si svolse alla luce del sole, senza cautele o remore, e che per questo rappresenta un’occasione unica per cogliere in nuce alcuni dei caratteri dominanti del Novecento. Nella lotta per il petrolio iracheno, subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, si misurarono ceti politici tradizionali, come quelli italiani, che ancora coniugavano il prestigio internazionale con il possesso di territori, e classi dirigenti più moderne, come quella inglese e americana, consapevoli che la partita ormai si giocava sul possesso di fonti energetiche e materie prime. Fu il primo conflitto che impegnò le due nazioni europee più forti, Francia e Inghilterra, contro la potenza americana, la quale nello scontro mostrò di aver raggiunto la consapevolezza di rappresentare il futuro, mentre le potenze europee erano il passato, sapendo bene che la guerra era stata vinta grazie al suo decisivo contributo e che la sua economia e le sue finanze erano avviate a dominare il mondo.