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Poesie e satire
Dunque non mi parlare d'incostanza,
Di cuori falsi e voti infranti;
Se per miracolo posso esserti,
Questo lunghissimo minuto, fedele,
È quanto il cielo consente.
Il libro
«A John Wilmot (1647-1680), conte di Rochester, tocca di consueto l’onore di esser portato ad esempio delle “follie” del suo tempo. Noto in vita per l’audacia e lo spirito dei suoi libelli, per la fama di ateo e per le leggendarie sregolatezze, Rochester morì giovane, dopo un clamoroso pentimento. La critica vittoriana decise di non perdonargli la vita dissoluta e l’oscenità dei versi tramandati (spesso a torto) sotto il suo nome. Ma il contemporaneo Andrew Marwell lo definì il miglior satirico inglese, il giovane Pope lo prese a modello, Voltaire lo chiamò “homme de génie” e “grand poëte”; e i moderni hanno confermato l’esattezza di questi giudizi, riconoscendo che l’arte di Rochester, a torto sottovalutata per molto tempo, non è meno esemplare della sua vita».
Dalla Prefazione di Masolino d’Amico