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La solitudine di Elena
«Elena si stava depilando le gambe in bagno quando squillò il telefono e le comunicarono che sua madre era morta. Guardò istintivamente l'orologio e cercò di memorizzare l'ora; le sei e mezzo del pomeriggio...»
Il libro
Inizia così questo splendido, breve romanzo di Juan José Millás – vincitore del Premio Nadal 1990 – in cui Elena Rincón, la quarantenne protagonista, in una sorta di «cammino di perfezione» ripercorre, non senza fatica, tutta la propria vita: l’infanzia e i suoi misteri, e poi la giovinezza, la scoperta del mondo e del sesso, l’amicizia, il matrimonio, i tradimenti, i sogni, per cercare di giungere a una ricostruzione personale, a una vera risurrezione.
«Dire questo – ma, soprattutto, scriverlo – mi causa un certo grado di angoscia, poiché significa accettare che non appartengo a nessuno, a niente e che niente mi appartiene, eccetto l’orologio e la poltrona. Questo mi riduce alla condizione di fantasma, forse il fantasma di mia madre che resiste ad abbandonare del tutto questo mondo afferrandosi attraverso di me agli oggetti materiali con cui durante la sua vita ha avuto maggiori rapporti. E ciò deve essere la solitudine, di cui tanto si è parlato e letto senza riuscire a intuirne nemmeno le dimensioni morali. Bene, dunque, questa era la solitudine: trovarti improvvisamente al mondo come se fossi appena arrivata da un altro pianeta da cui non sai perché sei stata cacciata».