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L’altra estetica
Fino al Settecento i filosofi si sono occupati di estetica studiando l'aisthesis, la percezione. Dopo Kant è venuto il tempo della filosofia dell'arte e il primato della interpretazione. Questo studio teorico e storiografico intende riproporre il sentire come punto di partenza per una definizione nuova del compito filosofico.
Il libro
«La filosofia del Novecento si è occupata molto di linguaggio, che è certo (lo è sempre stato) un degnissimo oggetto. Ma poi, in molti casi ha parlato soltanto, ossia ha proposto visioni del mondo, interpretazioni magari ingegnose, ma spesso caduche, e ha parlato pochissimo di oggetti. Ha persuaso, insomma, fino a una certa ora. Dietro a questa scelta c’era il sospetto verso tutto ciò che rientra nell’esperienza (che è anzitutto e per definizione esperienza sensibile di qualcosa che c’è), squalificata come una questione “puramente psicologica”, quando non “metafisica”, o, piuttosto curiosamente, “soltanto” scientifica. Ora, la nostra domanda è: che male c’è nella psicologia? Che male c’è nella metafisica? Che male c’è nel parlare di qualcosa? In fin dei conti, è sempre meglio che niente».
Maurizio Ferraris e Pietro Kobau
Interrogando una tradizione che va dai classici agli scolastici e agli illuministi, passando per alchimisti, mistici e razionalisti, questa antologia – insieme didattica e critica, erudita e provocatoria – intende riportare alla luce un patrimonio sepolto e ridare voce alla prima definizione di una scienza del sentire: quali sono i rapporti tra vedere e pensare, tra corpo e mente, tra estetica e logica? Che cosa è un’anima? Gli angeli vedono meglio o peggio di noi? Che cos’è un fantasma? Domande, insieme, bizzarre e serissime, per i problemi filosofici che sollevano – e che riaffiorano oggi, morta l’estetica come filosofia dell’arte e caduta l’idea che la filosofia abbia a che fare solo con le parole, in campi disciplinari nuovi e nuovissimi: la psicologia della percezione, la fisica ingenua, l’ontologia applicata. E cosí che, come spesso accade, disseppellire un passato vecchio o vecchissimo significa – come si propone esplicitamente nell’ampio saggio introduttivo Maurizio Ferraris – indicare nuovi percorsi di ricerca, anche scientifica.