Giulio Einaudi editore

Prove del teatro

1953-1988
Copertina del libro Prove del teatro di Giovanni Giudici
Prove del teatro
1953-1988
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E lui - la coda tra le gambe | Si dipartiva a un dove chissà dove | E me tremante ancora | E un pungolo sul cuore di sua tanta | Che impudenza chiamavo: | Ma tuttavia del pari nel timore | Se per dolore mai non ne morisse - | E non mi confortava il mio pregare: | Preservalo Tu - dal male

1989
Collezione di poesia
pp. XIX - 93
€ 4,91
ISBN 9788806114664
Contributi di

Il libro

«Non ero Giona sepolto nell’umido | respiro dello squalo: fu un vapore | d’uomini che m’accolse»: sin dalla Stazione di Pisa si disegna, coerente, una maditata parabola figurale nella poesia di Giovanni Giudici, che sa declinare – solidali – lo sgomento dell’esistere e l’anelito della vigilia: «Portaci sacco infinito infinitesimi giona» (Lume dei tuoi misteri). «La sola moltitudine perenne» trova voce in una parola che negli anni è – con crescente adesione – discesa negli interstizi dell’esserci: «Per questa sola differenza che |c’è tra il vivere e l’esser costretti | a vivere». La scrittura poetica di Giudici presenta qui le proprie Prove, in gran parte inedite: saggia e lascia misurare le ragioni di una fedeltà, assoluta sempre, alla voce che detta: «Un’altra voce | oggi mi parla che non so , mi dice: | lo sai perché resistere». Non una protostoria dunque offrono questi versi, disposti ad annali, dei maggior volumi: bensí l’ouverture di motivi che saranno nel tempo orchestrati in una coralità che fonde residui di memoria, anonimato quotidiano, parvenze oniriche: «Angoscia ci tormenta | Di innocuo non veduto quotidiano». Nessun’altra poesia del nostro tempo ha saputo, come quella di Giudici, elevare a poema, con la parola minima della «veste carnale» il destino di ciascuno, far sí che una sola, unica, domanda: «(E fosse stato amore la mia sola | verità di rimorsi?)» per compiersi trovasse «il nome nel quale consumarsi».

Carlo Ossola

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