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Marco Balzano «Resto qui»
Finalista al Premio Strega 2018.
«Questa storia che si estende dagli anni Venti ai Cinquanta narra l’indecisione tra l’andare e il restare, con il carico di perdite e di eventuali guadagni che comportano l’una e l’altra scelta. Ma soprattutto racconta il dolore dello strappo quando questo è inevitabile e non si sa con chi prendersela. Per questo Balzano, puntando su un fu-paese, ha scritto una storia di sperdimento e di provvisorietà ben radicata nell’oggi. La letteratura resta qui, come il campanile di Curon».
Paolo Di Stefano, «La Lettura – Corriere della Sera»
***
Un campanile che emerge appuntito dall’acqua, tanto affascinante e surreale da sembrare un fotomontaggio. Invece è ciò che rimane di Curon, paesino del Sudtirolo al confine fra Austria e Svizzera, sommerso nel 1950 per la costruzione di una diga.
Marco Balzano, scrittore e insegnante milanese, Premio Campiello nel 2015, è partito proprio da questa immagine per il suo nuovo romanzo, Resto qui: «Non credo nei colpi di fulmine. Credo che le cose vadano metabolizzate, ma qua è successa una cosa diversa. Questo campanile che spunta dallo specchio del lago, mi è venuto incontro, mi è sembrato davvero una storia» (Marco Balzano, ospite a «Fahrenheit»).
La storia è affidata alla voce di Trina, una donna caparbia, legata alla sua terra, al suo paese. Odia piangere, è abituata a lottare e lo fa tutta la vita. Quando i fascisti arrivano in quella valle, dove si sente solo l'eco della Storia, la vogliono italianizzare, occupano scuole e municipi, vietano la lingua tedesca, cambiano i nomi alle vie. Vogliono sradicare radici di secoli.
Sarà forse per questo tema resistenziale o per lo stile asciutto, senza un aggettivo in eccesso, che il libro ricorda le migliori prove della narrativa neorealistica italiana Andrea Kerbaker, «Tuttolibri – La Stampa»
Trina vuole fare la maestra, vuole insegnare ai bambini a leggere e scrivere in tedesco, è disposta ad «andare nelle catacombe», le scuole clandestine, rischiando l'arresto, la deportazione. Nonostante tutto resta lì, con suo marito Erich e i suoi due figli perché i fascisti non devono vincere, perché non si abbandonano le montagne, i masi e le strade, anche se cambiano nome.
Resta lì nel '31 quando Hitler dà ai sudtirolesi la possibilità di entrare nel Reich e il paese si divide tra chi vuole andare via e i restanti. Resta lì anche se l'adorata figlia scompare al seguito degli zii verso la Germania, procurandole una ferita non rimarginabile: è a lei che Trina scrive e racconta la storia del suo paese che non c'è più. Resta lì quando Erich sceglie di non tornare in guerra: «Le pagine del disertore in fuga, che prende per mano la moglie e con lei sale la montagna per cercare di raggiungere il confine svizzero, sono le più forti del romanzo» (Paolo Di Stefano, «La Lettura – Corriere della Sera»).
Balzano ha dato vita ad «un romanzo che ha il pregio di crescere di capitolo in capitolo. Come succede con i narratori di talento. Benché ambientata in altra epoca, la storia parla dei grandi tempi di oggi. Le frontiere, il migrare, i dissidi etnici, i soprusi del potere sulla gente comune, le pulsioni autoritarie. Il tutto in un lembo troppo spesso dimenticato del nostro estremo nord, stavolta specchio non solo dell’Italia ma dell’Europa delle scelte difficili» (Gigi Riva, «L’Espresso»).
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2020Quando arriva la guerra o l'inondazione, la gente scappa. La gente, non Trina. Caparbia come Curon, il piccolo paese del Sudtirolo in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che hanno messo al bando la lingua tedesca e le impediscono di fare la maestra. Non...