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Roberto De Simone 1933-2025
di Mauro Bersani

Roberto De Simone è stata una figura di artista a tutto tondo: pianista di valore, compositore, scrittore, uomo di teatro. Grazie a un affascinante intreccio di filologia e creatività, ha saputo costruire un ponte fra la cultura barocca e la modernità e riformulare una viva tradizione napoletana distante da ogni banalizzazione folkloristica. Esito sommo di questo lavoro è stato ovviamente La gatta Cenerentola, uno spettacolo di enorme successo che De Simone mise in scena come autore e regista nel 1976 con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, da lui fondata. Ma in tutti i suoi spettacoli e i suoi libri c’è la stessa idea di fondo: quella di ritrovare l’unità sostanziale tra l’anima colta e l’anima popolare della tradizione napoletana. Se per gli studiosi romantici ottocenteschi la letteratura popolare era il momento creativo sorgivo, elaborato successivamente dai letterati, e se Benedetto Croce aveva viceversa teorizzato che la letteratura dialettale era sempre una letteratura riflessa, cioè derivata da quella colta, per De Simone l’origine era comune: nella storia letteraria e musicale di Napoli “miseria e nobiltà” erano sempre andate a braccetto. La vera cultura popolare (quella che, secondo lui, va dal tardo Cinquecento al primo Novecento) dava vita a forme raffinatissime così come la letteratura e la musica colte sapevano farsi capire da tutti. In questo sentiva una parentela con la sensibilità di Pasolini, e come Pasolini deprecava l’omologazione del pieno Novecento che aveva inquinato e corrotto questa tradizione e aveva banalizzato la musica, la letteratura, il teatro (Eduardo era sul suo banco degli imputati), la cultura popolare e, in particolare la canzone napoletana.
Con Einaudi ha pubblicato una quindicina di libri in poco più di quarant’anni. Fu Roberto Cerati a chiedergli La gatta Cenerentola subito dopo averla vista a teatro: il libro uscì nel 1977 e ha avuto venti edizioni, più un paio con il video dello spettacolo. Ma è negli anni della maturità che De Simone ha infittito la collaborazione portando a compimento alcuni «Millenni» che sono entrati nella storia della collana: le Fiabe campane (1994), Il cunto de li cunti del Basile con la sua riscrittura in napoletano moderno (2002), La canzone napolitana (2017), sempre con le illustrazioni di Gennaro Vallifuoco. E poi, oltre al fondamentale saggio sul Presepe popolare napoletano (1998), mi piace segnalare due testi teatrali originali degli anni recenti, a testimoniare che la sua vena creativa si era mantenuta viva anche in tarda età: Cinque voci per Gesualdo (2013), dedicato al grande compositore di madrigali che uccise la moglie nel 1590, un testo dove in De Simone convivono il drammaturgo e il musicologo, e L’oca d’oro (2019), una sorta di testamento in cui tutte le sue idee teatrali vengono passate in rassegna al cospetto di un capocomico morente, con un irresistibile cocktail di gag tratte da un repertorio che andava dalla commedia dell’arte a Totò. Ricordo che abbiamo presentato questo libro al Teatro Argentina di Roma con le letture di Isa Danieli, un’attrice della vecchia guardia, molto cara al Maestro, come tutti lo chiamavano. De Simone aveva già molti problemi fisici e, pur sostenuto, raggiunse il palco con fatica, ma poi l’atmosfera di affetto che lo circondava e la forza del suo testo che veniva letto lo rasserenarono completamente facendogli dimenticare tutti i guai.
De Simone era così: a volte un carattere non facilissimo ma, messo in un teatro con gli attori e le musiche giuste, era la persona più gioviale, ironica e generosa. E così lo ricorderanno tutti coloro che hanno lavorato con lui nel corso di tanti anni.