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Io cammino in fila indiana
«Un uomo è seduto in una stanza.
Guarda il rubinetto che goccia e vede il diluvio.
E pensa "Non è possibile. No, proprio non è possibile".
Così si gira e guarda verso il muro.
Smette di pensare alla goccia.
Sorride, si addormenta.
E affoga serenamente».
Ascanio Celestini, Io cammino in fila indiana
Il libro
C’è un rivoluzionario in bicicletta, che quando arriva al parlamento per buttare la bomba scopre di non essere il primo: gli tocca mettersi in coda, come alle poste. Ci sono poveri talmente poveri da dover vendere ai ricchi la loro fame e la loro sete, poi la rabbia, il pudore e la vergogna, e alla fine la loro stessa povertà. C’è Dio che si aggira per il supermercato travestito da Paperinik, raccontando vecchie barzellette sul Papa che piacciono soltanto a lui… Ma soprattutto, a fare da sfondo ai «racconti cerino» di Ascanio Celestini, capaci d’infiammare il filo delle pagine con una scrittura incendiaria, c’è un piccolo paese pieno di storture, simbolo dei mali e delle deformazioni del mondo che ci circonda. Un piccolo paese dove i corrotti inventano la democrazia alternandosi al governo con i mafiosi, e dove i bambini sono costretti a prendere lezioni di fila indiana. Per eliminare «il diverso prima che ci impesti».
***
«Ogni racconto si scioglie in una risata liberatoria, tuttavia, dietro tale reazione distensiva, rimane comunque un residuo irrisolto, un bruscolo nell’occhio, un sassolino nella scarpa, il proverbiale pisello che, sotto i venti materassi della principessa, le impedisce di dormire sonni tranquilli. È appunto questo che sta a cuore a Celestini: seminare zizzania nelle favole. Un compito in cui pochi sanno tenergli testa».
Valerio Magrelli