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Molloy
La voce di Molloy, simile a quella di tanti capolavori teatrali di Beckett, è come l'ossigeno che tiene in vita un personaggio già morto: il nulla contro un altro, più definitivo nulla.
Il libro
Molloy è un vecchio privo di entrambe le gambe. Si trova nella casa della madre morta e racconta la propria inutile odissea per raggiungerla. Divaga, dice palesi falsità. È privo di memoria, ma la cosa non ha importanza: ciò che conta è non smettere di raccontare perché nel raccontare sta l’unica probabilità di essere vivo.
Il viaggio di Molloy, che procede per cerchi, che ha una meta e poi la perde e poi la ritrova, che è irto di difficoltà e che è interrotto da lunghe soste, è stato spesso paragonato a quello di Ulisse, di cui costituirebbe una versione parodica.O forse, più in generale, costituisce una parodia del viaggio in quanto costante della letteratura europea.Più in generale ancora, possiamo dire che è la cultura occidentale nel suo insieme che viene sbeffeggiata da Molloy, il cui percorso rifà e rifiuta le precedenti tappe filosofiche e artistiche dell’interpretazione dell’«uomo». È un fatto che il racconto di Molloy è asperso di momenti umoristici che nascono proprio dall’irrisione di principi filosofici e ideologici di grande rilievo per la nostra cultura; ma anche dall’irrisione di topoi basilari della letteratura occidentale, come quello dell’amore romantico.
Dalla postfazione di Paolo Bertinetti