La zona d’interesse
Richard Ford
«Questo è un romanzo epistolare fasullo, strabico. Oh sì, le lettere ci sono, più di 50, ma non ricevono mai risposta… Sembra un’iperbole ma non è così: dovevo scriverlo, questo libro, perché mi stava dentro, passati gli 80 anni, come un’urgenza, un redde rationem, un soffio alla nebbia per sapere chi sono: il riflesso della mia lampada sulla finestra del nonno». Queste sono le parole con cui Roberto Vecchioni presenta Tra il silenzio e il tuono a «tuttolibri – La Stampa», il suo romanzo più intimo e struggente che racconta, per frammenti, la storia di una vita: sconfitte, vittorie, sogni, disincanti.
Non è un romanzo epistolare come gli altri. Si alternano due voci: da una parte c’è lui, Roberto Vecchioni, che racconta a un fantomatico nonno alcuni degli episodi più significativi della sua vita. Infanzia, amicizie, studi, canzoni, dolori, amori. Il nonno, dal canto suo, non gli risponde mai: forse non ce n’è bisogno, forse conosce Roberto fin troppo bene. Le sue lettere sono indirizzate ad altri personaggi, veri o immaginari, e affrontano gli argomenti più disparati.
«Il ragazzino del libro è pensoso, a volte solitario, umoristico, satirico, sa prendere in giro la vita. Ma le lettere in cui mi identifico di più sono quelle autoaccusatorie: quella del mio senso di colpa per avere trascurato mio figlio, mascherata dal sogno del cavaliere che vuole essere ucciso. E poi ci sono quelle in cui spiego la mia doppiezza: sotto il palco una persona normale, con la paura di sbagliare, sul palco invece un altro, sicuro, spensierato e padrone del mondo», spiega Vecchioni a «Vanity Fair».
Il più intimo e intenso scritto dal professore cantautore che mostra una serie di dualità, a partire dalle lettere di un ragazzo, Roberto, che man mano cresce, a un misterioso nonno Luca Valtorta, «Robinson – la Repubblica»
Anche per Ermanno Paccagnini, che su «La Lettura – Corriere della Sera» ha speso parole preziose sul lavoro dell’autore, «pur presentandosi il volume in forma di romanzo epistolare, viene riduttivo definirlo tale. Perché “ragazzo” e “nonno” sono sì due entità che si parlano, ma, proprio in quanto si parlano, ciascuna parla a sé stessa. Due entità che trovano espressione traslata nel titolo: Tra il silenzio e il tuono; dove la preposizione “tra” vive tutta la sua ambiguità nel designare sì il legame, ma pure i termini dei confini di quei due lemmi: d'un “tuono” (dimensione dell'eros) che trova in sé lo spazio del silenzio; e d'un “silenzio” (dimensione della philia, che «vive in una coincidenza di ricordi, proprio nel punto preciso di quelle risate e quelle lacrime») che si fa finalmente parola».
Tra il silenzio e il tuono è «un libro splendido. Una carriera preziosa. Un uomo che sa raccontare – e raccontarsi – come pochi altri» (Andrea Scanzi, «il Fatto Quotidiano»).
La zona d’interesse, diretto da Jonathan Glazer, si è aggiudicato l’Oscar per il Miglior Film Internazionale. Al film è andata anche la statuetta per il Miglior Sonoro, curato da Tarn Willers e Johnnie Burn.
Questi due riconoscimenti seguono il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes.
Il film, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Martin Amis, mostra la storia del comandante di Auschwitz, Rudolf Höss, e della sua famiglia. Höss vive con la moglie e i figli in una splendida villa confinante con il Campo dove le giornate scorrono all’insegna dell’ordinario: le immagini ci mostrano un’estraniante quotidianità fra tuffi in piscina, ore trascorse a pescare in riva al fiume, feste e degustazioni di the. Là fuori però, a pochi passi da quel piccolo Eden, c’è l’orrore di Auschwitz con i suoi rumori, i suoi fumi, la sua cenere.
«La zona d'interesse è un tour de force di puro virtuosismo linguistico nonché un romanzo geniale e divinamente urticante che trae ispirazione da una profonda curiosità morale sul genere umano. Lascia senza fiato».
Richard Ford
Il lavoro di Glazer, oltre al capolavoro dello scrittore britannico, deve sicuramente molto anche alla biografia che lo stesso Rudolf Höss ha scritto in attesa dell’esecuzione della sua condanna a morte, arrivata alla fine della guerra. Comandante ad Auschwitz, disponibile negli ET Saggi, è un documento impressionante che per la prima volta ha illuminato dall'interno la mentalità e la psicologia dei nazisti, la storia e il funzionamento delle officine della morte.