Giulio Einaudi editore
© Enrica Scalfari / Agf.

Eugenio Scalfari è stato un testimone e un uomo di azione nel cuore del Novecento, caparbiamente fino ad oggi. Di solida cultura classica, notoriamente compagno di scuola di Italo Calvino, Scalfari ha attraversato l’ultimo secolo rendendosi noto per le sue battaglie politiche e civili, nel segno di una prospettiva liberale radicale, contemporaneamente attenta all’individuo e alla comunità.

Le sue imprese giornalistiche, dal «Mondo» all’«Espresso» degli anni ‘60, a «La Repubblica» dalla fondazione, sono state sempre un riferimento per la parte più attenta e progressiva della società italiana. Ha scelto Einaudi come editore delle sue riflessioni mature sui significati della parabola umana, sulla laicità della vita, sulla dimensione spirituale sottratta alla fede e a ogni dogmatica, sulla inevitabilità della morte. Lo lasciamo come un amico da cui abbiamo imparato molto, a cui siamo stati affezionati, con un grato ricordo.

Matteo Melchiorre

L’ultimo erede di una dinastia decaduta, i Cimamonte, si è ritirato a vivere nella villa da sempre appartenuta alla sua famiglia. La tenuta giganteggia su Vallorgàna, un piccolo e isolato paese di montagna. Il mondo intorno, il mondo di oggi, nel quale le nobili dinastie non importano piú a nessuno, sembra distante. L’ultimo dei Cimamonte è un giovane uomo solitario che in paese chiamano scherzosamente «il Duca».

Sospeso tra l’incredibile potere del luogo, il carico dei lavori manuali e le vecchie carte di famiglia si ritrova via via in una quiete paradossale, dorata, fuori dal tempo. Finché un giorno bussa alla sua porta Nelso, appena sceso dalla montagna. È lui a portargli la notizia: nei boschi della Val Fonda gli stanno rubando seicento quintali di legname. Inaspettatamente, risvegliato dalla smania del possesso, il sangue dei Cimamonte prende a ribollire.

Matteo Melchiorre ha costruito una storia tesissima ed epica sulla furia del potere, le leggi della natura e la libertà individuale. Un romanzo classico eppure nuovissimo, epico e politico, torrenziale e filosofico, che invita a riflettere sulla libertà delle scelte e la forza irresistibile del passato.

Un congegno narrativo dal quale è impossibile staccarsi che sta entusiasmando critica e mondo letterario:

«Ti prende, questa strana lingua, come il bosco che ti cresce intorno e non te ne accorgi».
Paolo Cognetti

«Lontanissimo dal realismo isterico, Il Duca appartiene a una variante più maestosa e sicura di sé del romanzo borghese: il romanzo nobile. Alla fine, con tanto di colpi di scena, si rivela un giallo […] Un libro formidabile, capace di entusiasmare per eleganza e compiutezza, nonché di far pensare che siano ancora vive o in buona salute, di certo raggiungibili, alcune delle cose perdute e impalpabili per cui, oggi, continuiamo a setacciare i romanzi: la voglia d'avventura, il freddo della montagna e la grandezza da cui non siamo stati lambiti».
Nicola H. Cosentino, «la Lettura – Corriere della Sera»

«Una prima persona sontuosa, implacabile. Con una tensione che non abita solo nei trucchi del mestiere, ma nel talento di produrre personaggi viventi. Leggerete di un Duca Don Quijote che ha in Nelso, il suo Sancho […] Bisogna comprarlo perché ci riconcilia col mestiere dello scrittore e ce lo fa sembrare un atto indispensabile per la nostra crescita».
Marcello Fois, «tuttolibri – La Stampa»

«Siamo davanti ad un romanzo pazzeschissimo. Io gli darei lo Strega. Adesso. Subito».
Luciana Littizzatto
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«Melchiorre ha una tecnica narrativa meravigliosamente efficace e raffinata […] Cercando di definire che cosa ci emoziona quando si troviamo davanti a un capolavoro, Borges suggerisce che possa trattarsi dell'"imminenza di una rivelazione che non ha luogo". Il romanzo di Melchiorre conferma questa brillante intuizione».
Alberto Manguel, «Robinson – la Repubblica»

«Il Duca è pervaso da una forza nera».
Marco Missiroli

«Melchiorre rinnova la tradizione del romanzo storico italiano, da Manzoni a Eco: quello che il Duca scoprirà è la somiglianza degli esseri umani, nell'essere vittime e carnefici della storia, e un meraviglioso senso di pace che può darci la contemplazione della natura mentre assiste alle nostre piccole vicende».
Christian Raimo, «L’Essenziale»

«Mario Fastréda è un cattivo diverso dal solito, un antagonista dal destino imprevedibile, un duellante come non se n'erano mai visti. Un personaggio che, insieme al Duca, lascerà il segno nella nostra letteratura».
Tiziano Scarpa, «Domani»

«Matteo Melchiorre è uno scrittore che scuote e ispira perché è uno storico che lavora sulle fonti con tutto il corpo, un geografo che calca la mappa con gli scarponi e le cui intuizioni non mancano mai di sorprendere, un medium che evoca i fantasmi del territorio e li raduna a convegno. Fantasmi di confini, fantasmi di conflitti, fantasmi di paesaggi scomparsi o trasfigurati. Seguiamo il suo lavoro da molti anni, non come si segue un collega, ma come si segue dal versante di un monte il percorso di un viandante sul monte di fronte. Ogni tanto entra nel bosco e lo perdi di vista, ma sai che lo vedrai riapparire al prossimo tratto scoperto, e sai che presto lo incontrerai, in quella zona dove i nostri sentieri si uniranno, là dove l'archivio è la strada, e la strada è l'archivio».
Wu Ming

 

Spatriati di Mario Desiati è il libro vincitore della LXXVI edizione del Premio Strega.

La cerimonia si è svolta il 7 luglio nei suggestivi spazi del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Il romanzo dell’autore pugliese ha ricevuto 166 voti e il premio è stato consegnato da Giuseppe D’Avino, presidente di Strega Alberti Benevento.

Questa la dedica di Desiati dopo il successo: «Lascerò questa bottiglia intonsa. La berrò in Puglia, in ricordo degli scrittori della mia terra, a cominciare da Mariateresa Di Lascia, che lo vinse nel 1995 e non poté ritirarlo perché morì alcuni mesi prima. E vorrei aprirla vicino a dove è Alessandro Leogrande, che era un mio amico: l’avremmo bevuta insieme».

L’Italia è uno dei Paesi con più spatriati al mondo, andare via non significa sconfitta

Il libro racconta la storia dell’incontro tra Claudia e Francesco, una folgorazione, la nascita di un desiderio tutto nuovo, che è soprattutto desiderio di vita. Cresceranno insieme, bisticciando come l'acqua e il fuoco, divergenti e inquieti. Lei spavalda, capelli rossi e cravatta, sempre in fuga, lui schivo ma bruciato dalla curiosità erotica. Sono due spatriati, irregolari, o semplicemente giovani. Un romanzo sull'appartenenza e l'accettazione di sé, sulle amicizie tenaci, su una generazione che ha guardato lontano per trovarsi.