Mese: marzo 2022
Dopo aver vinto i premi per la miglior sceneggiatura a Cannes, per il miglior film straniero ai Golden Globe e per il miglior film non in lingua inglese ai Bafta, Drive my car si è aggiudicato anche l’Oscar per il miglior film internazionale.
Lo stesso regista giapponese, Hamaguchi Ryusuke, ha spiegato perché si è basato sul racconto omonimo di Murakami Haruki (tratto da Uomini senza donne - Super ET, 2016):
«In Drive My Car le interazioni tra Kafuku e Misaki, i due personaggi principali, avvengono all’interno di un’auto. E questo ha innescato i miei ricordi. Certe conversazioni, conversazioni intime, possono nascere solo all’interno di quello spazio chiuso e in movimento. Un luogo, in realtà un non-luogo, che ci aiuta a scoprire aspetti di noi stessi mai mostrati a nessuno. O pensieri che, prima, non sapevamo esprimere con le parole» (da «Sky TG 24 – Spettacolo», link).
«Murakami Haruki ha la freschezza di chi narra il mondo ricominciando da capo e permettendosi infinite variazioni: non è uno scrittore, ma una serie di scrittori racchiusi in uno».
«la Repubblica»
Dopo gli acclamati Parlarne tra amici e Persone normali, Sally Rooney torna con un nuovo libro sulla generazione dei millennial, definito dal New York Times «il miglior romanzo di Rooney, fino ad ora».
Alice è una scrittrice successo, ma per trovare compagnia deve andare su Tinder. Eileen lavora per una rivista letteraria, però non ci paga l'affitto. Simon ama da sempre la stessa donna, ma da sempre ne frequenta altre. Felix passa in birreria il tempo libero dal lavoro di magazziniere, ma la sua è una fuga. Alice, Eileen, Simon e Felix si parlano, si fraintendono, si deludono e si amano e, mentre attraversano il cerchio di fuoco dei trent'anni, si chiedono se esista davvero, al di là, ancora, un mondo bello in cui sperare.
Rooney ha «un talento speciale, di sicuro un orecchio assoluto, che dà ai suoi dialoghi la cadenza esatta dei dialoghi da pub o da bar di gente giovane occidentale e mediamente benestante. Che per l'appunto parla di libri, di film, di amicizie, di sesso. Ma sarebbe poco: è come se nel ritmo della prosa, o in certe ondate improvvise di malinconia, nel modo (notevole) che ha di scrivere di sesso, nell'esattezza di alcuni dettagli, sensazioni afferrasse una risposta alla seguente domanda: "Com'era stare al mondo in Occidente nei primi decenni del Ventunesimo secolo?"» (Paolo Di Paolo, Robinson – la Repubblica»).
«Composto da lettere, vita quotidiana, crescita sentimentale, condivisione di ricordi e voglia di ripercorrerli traendone senso, Dove sei, mondo bello mette in scena una vita sociale a volte divertita e altre volte frustrante ma sempre affrescata in modo nitido e spigliato. I dialoghi ne sono parte fondamentale grazie al loro alternarsi serrati e convincenti, persino al limite della plausibilità tanto è l'acume psicologico che esibiscono, rivelando una intensità di ragionamenti che perlopiù tiene a bada la deriva della pesantezza e si traduce in esplorazioni suggestive da parte di interlocutori paradossalmente ordinari nella loro unicità e straordinari nel restituire traiettorie di vite normali» (Andrea Binelli, «il manifesto»).
Chi pensa che Sally Rooney parli di una generazione, sbaglia. Il suo è il racconto preciso, straziante di un'epoca Teresa Ciabatti, «la Lettura – Corriere della Sera»
Rooney attraverso la storia delle due coppie, Alice e Felix da una parte, Eileen e Simon dall’altra, ci mostra «un mondo dove è difficile trovare una collocazione, al di là del lavoro e degli affetti. Un mondo dove tutti ci muoviamo, aspirando sempre a qualcosa di meglio» (Isabella Fava, «Donna Moderna»).
Ricerca di un’identità, di uno scopo… «È come se Rooney scrivesse una gnoseologia del tempo presente – cosa evidentemente ardua – attraverso il racconto delle vite, e soprattutto delle incongruenze di vita, dei suoi giovani personaggi, che attraversano questo nostro tempo così com'è, perché altro non è dato loro da fare. Se non – ed ecco la cifra di Rooney –pensarci su […] Dove sei, mondo bello «è la riprova, semmai ce ne fosse bisogno, che la romanziera irlandese trentunenne ha un talento straordinario, da enfant prodige, e che questo talento è capace di rinnovarsi e diventare a ogni libro sempre più nitido e acuto» (Valentina Berengo, «Il Foglio»).
È il 27 dicembre 1908. Nicola ha undici anni, vive a Reggio Calabria e sta per addormentarsi nel suo catafalco, in cantina, legato con le funi della Madonna di Messina che si diceva avessero proprietà magiche. La madre, una donna prepotente e capricciosa, lo vuole sottrarre al diavolo e il bambino obbedisce senza protestare, assecondando ogni sua pretesa.
Barbara invece è dall’altra parte del mare, a Messina, arrivata in treno dalla nonna per vedere l’Aida. Sogna una fuga dal padre e non vuole sposare l'uomo «brutto e stupido» scelto per lei. Non vuole essere rinchiusa nella sua casa.
«Un attimo prima di voltare le spalle alla notte, il mare si mosse» e il più devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo le due città.
Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma più somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.
Trema la notte è un romanzo potente, intimo, doloroso e pieno di speranza, che sta entusiasmando la critica:
«In Trema la notte c'è fame di vita. E c'è una scrittrice che ha trovato la voce perfetta e levigata di due figure cariche di umanità, di rabbia e di grazia. Un libro magnifico».
Stefania Auci
«Nadia Terranova racconta di superstiti, di donne che fanno comunità, di famiglie senza sangue e di scrittrici senza tomba; di certezze e di orizzonti che tremano».
Giulia Caminito
«Nadia Terranova ha avuto in questo libro il coraggio di allontanarsi dalla scrittura delle sue opere precedenti per arrivare a una mimesi perfetta della lingua di una giovane del primo '900. È una lingua che suona allo stesso tempo antica e moderna, spiazza il lettore nell'incipit, ma poi subito lo prende dentro portandolo in stretto contatto con i personaggi e i loro posti di sciagure e bellezza».
Donatella Di Pietrantonio, «tuttolibri – La Stampa»
«Nadia Terranova racconta due vite a partire dalla vigilia del giorno in cui "il mare si mosse". Dal 27 dicembre del 1908, quando un bambino va a dormire a Reggio Calabria, una ragazza è a teatro con sua nonna a vedere l'Aida, a Messina. Poi, un momento prima di voltare le spalle alla notte, la libertà che entrambi sognavano, la ribellione che progettavano, si presenta vestita da baratro. Trema la notte - il romanzo – diventa allora una camera a spalla sull'apocalisse. Un piano sequenza sul terremoto che rade al suolo due città, decine di migliaia di vite ma non quelle di Nicola e Barbara».
Concita De Gregorio, «la Repubblica»
«La prima parte del romanzo rivela le macerie, che in senso trasfigurato potrebbero anche farci pensare alle macerie collettive con cui l'umanità sta facendo i suoi conti in questi giorni […] Ma la seconda parte del romanzo è dedicata al senso profondo della speranza».
Valeria Parrella, «Grazia»
«Terranova sa usare parole precise per dipingere le sfumature che si agitano nell'animo dei suoi personaggi; conosce perfettamente le contraddizioni dei desideri e della volontà; le contraddizioni dell'amore. Ma sa che per mettere in moto un cambiamento c'è bisogno di una spinta radicale».
Gaia Manzini, «Il Foglio»
«Nadia Terranova consegna un libro potente, profondo come lo sono le viscere in cui ci accompagna, a un tempo documentato su ciò che è avvenuto in quei giorni di apocalisse terrestre e generativo di alleanze. Tante e tali sono le sincronicità che lei stessa, con sapienza, cuce al dritto e al rovescio per descrivere il congedo improvviso di un mondo che ne restituisce un altro inimmaginabile ma con cui ci si deve confrontare».
Alessandra Pigliaru, «il manifesto»
«Due grandi e contagiosi maestri: il pirotecnico Vincenzo Consolo da un lato, e il sinuoso, ipnotico Gesualdo Bufalino dall'altro».
Emanuele Trevi, «Corriere della Sera»
«Prendendo spunto dalla più grande catastrofe sismica d'Europa, l'autrice riesce a firmare, in definitiva, un potente inno alla vita».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»
«Un viaggio nel tempo sulla cresta di una scrittura elegante nella sua vividezza».
Nadeesha Uyangoda, «Internazionale»
«Un romanzo dolce e feroce, bellissimo, fatto di sguardi che affiorano sulle pagine mostrando percorsi labirintici. Si parla di famiglie, di libertà, di violenza, di sofferenza, di sopraffazione e riscatto. Di donne, che sanno sempre salvarsi da sole. E della Luna, uno dei personaggi di questo sensuale e materno romanzo sempre cullato dal movimento stregato del mare».
Romana Petri, «Io Donna»
«C'è qualcosa di molto potente in queste pagine [...] Un romanzo denso di vita, morte, rovine, nuove possibilità, in cui brillano le donne, indomite, coraggiose, oltraggiate ma arrese mai».
Marta Cervino, «marie claire»