Mese: giugno 2021
Un treno partito da Tokyo e lanciato a trecento all’ora nella campagna giapponese. Una valigia piena di soldi nascosta in una delle carrozze. E sette assassini pronti a entrare in azione: «È il set del romanzo I sette killer dello Shinkansen del giapponese Isaka Kotaro, maestro del crime. E lo dimostra già dalle prime pagine: negli stessi vagoni, per un motivo che al lettore resta oscuro fino all'ultimo, lo scrittore fa viaggiare coppie di assassini, quattordicenni psicopatici, sgherri della malavita nipponica, padri alcolizzati. Non è un caso che il "thriller sparatissimo", come recita la frase di accompagnamento, stia per diventare un film con Brad Pitt, Lady Gaga e Sandra Bullock» (Annachiara Sacchi - «la Lettura – Corriere della Sera»).
Il giovane Oji, Nanao (a suo dire l’assassino più sfigato del mondo) e gli altri protagonisti danno vita ad un thriller in cui tensione e adrenalina si susseguono fino all’ultimo; per il Times «una miscela di Tarantino e fratelli Coen».
Dialoghi surreali, colpi di scena, una trama che non dà respiro al lettore… Isaka ha creato un romanzo che è «sopraffino intrattenimento. Esilarante e truculento da sembrare un fumetto, veloce come un videogame, ironico, surreale nei dialoghi e parecchio sanguinario» (Annachiara Sacchi - «la Lettura – Corriere della Sera»).
Ho scritto I sette killer dello Shinkansen concentrandomi sull'elemento del divertimento. È questa la forza di gravità del romanzo. Isaka Kotaro
Ma è così facile nascondere una valigia zeppa di soldi in un treno? «Per questo aspetto della trama mi sono fatto aiutare da un redattore. L'ho fatto salire sullo Shinkansen e gli ho chiesto di aprire tutti gli spazi in cui si poteva immaginare di inserire o poggiare oggetti come una borsa. Facendogli scattare fotografie. Chissà cosa avranno pensato i controllori» (Isaka Kotaro intervistato da Giuliano Aluffi, «il venerdì – la Repubblica»).
Il film tratto dal romanzo di Isaka si intitolerà Bullet Train e uscirà nel 2022. Sarà diretto da David Leitch, già regista di Atomica bionda e Deadpool 2; nel cast ci saranno molte celebrità: i già menzionati Brad Pitt, Lady Gaga e Sandra Bullock verranno affiancati da Joey King, Aaron Taylor-Johnson, Andrew Koji e Michael Shannon.
Dopo Io sono il castigo e Un cuore sleale, esce la terza indagine del magistrato melomane Manrico Spinori, il primo protagonista seriale di Giancarlo De Cataldo: «Un personaggio del tutto inedito disegnato dal Maestro De Cataldo, autore che potremmo definire dalla penna d'oro […] conte in virtù delle ascendenze aristocratiche, è sicuramente uno dei più riusciti» (Gabriella Genisi, «tuttolibri – La Stampa»).
In questa vicenda, una frase buttata lí da un pentito, all’apparenza in modo casuale, produce un piccolo terremoto in procura. Perché a dar retta a er Farina – spacciatore con contatti importanti nella malavita organizzata – dieci anni prima il dottor Spinori non aveva fatto un buon lavoro occupandosi dell’assassinio di Veronica, escort transessuale d’alto bordo. Del delitto era stato accusato un uomo che, a causa dello scandalo, si era tolto la vita.
«Attraverso un'indagine raccontata con i toni garbati della commedia italiana il lettore viene condotto nella zona grigia del mondo di mezzo, delle connivenze tra mafia e colletti bianchi ma soprattutto, in un unicum per la letteratura poliziesca, si renderà conto del lavoro di squadra che coinvolge magistratura, polizia, carabinieri e guardia finanza, oltre che dell'importanza dei dettagli. Perfino di un vassoio di cannoli siciliani» (Gabriella Genisi, «tuttolibri – La Stampa»).
Nonostante le prove schiaccianti, dopo le parole di er Farina, tutto torna in discussione. Un colpo al cuore per un magistrato attento come Manrico, che diventa ombroso e, nel generale scetticismo, riapre le indagini, scoprendo un intrigo di cui nessuno poteva sospettare. Questa volta avrà bisogno della sua squadra, un affiatato gruppo di formidabili investigatrici che, per l’occasione, registra anche un nuovo ingresso.
«Al solito De Cataldo sfoggia un solidissimo mestiere. I dialoghi sempre credibili e pieni di sprazzi gergali sono il frutto dell'esperienza di uno sceneggiatore consumato. La struttura è colma di informazioni potenti e concrete sui meccanismi investigativi e giudiziari. I legami col melodramma, precisi e sorprendenti, ci rammentano che non esiste alcuna delittuosa situazione che non sia stata evocata e narrata da un'opera. E il romanzo brilla di un bel timbro da giallo all'italiana, definito da una relazione stretta con la vivida realtà territoriale e dalla presenza delle maschere più riconoscibili e significative della nostra eterna commedia dell'arte. Applausi» (Leonetta Bentivoglio, «la Repubblica»).
Il 10 giugno, al Teatro Romano di Benevento, sono stati proclamati i cinque finalisti della LXXV edizione del Premio Strega. Tra i titoli c’è Borgo Sud di Donatella Di Pietrantonio, uscito a novembre del 2020 nei Supercoralli.
«Con Borgo Sud ho voluto raccontare le conseguenze del disamore. Se non hai conosciuto, appreso la lingua dell’affetto in famiglia, quella lingua diventa più ostica da adulti».
Donatella Di Pietrantonio
La serata finale si svolgerà giovedì 8 luglio al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, in diretta su Rai 3.
Ecco la cinquina finalista della LXXV edizione del Premio:
Emanuele Trevi, Due vite (Neri Pozza)
Edith Bruck, Il pane perduto (La nave di Teseo)
Donatella Di Pietrantonio, Borgo Sud (Einaudi)
Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani)
Andrea Bajani, Il libro delle case (Feltrinelli)
Il re ombra di Maaza Mengiste, uscito il 30 marzo nei Supercoralli, è il romanzo vincitore del Premio Gregor Von Rezzori 2021. L’autrice «ha scelto di scavare nella storia della guerra etiope, e nel farlo ha dissotterrato una miniera di fatti non ancora conosciuti, storie e persone straordinarie – ha spiegato la giuria del premio composta da Beatrice Monti della Corte, Andrea Landolfi e Paola Del Zoppo – […] La storia ufficiale dice che la guerra fu combattuta dagli uomini. Mengiste ci svela che le donne, in battaglia, svolsero un ruolo altrettanto importante. Ed è soltanto una delle rivelazioni del Re Ombra, una saga complessa, avvincente e commovente, oltre che oggi necessaria».
Un riconoscimento importante che si aggiunge alla calorosa accoglienza della critica. Di seguito alcuni estratti:
«Le pagine sulla violenza perpetrata dalle truppe di Mussolini sono memorabili, narrate da un'onnisciente terza persona attraverso il filtro di Hirut, la protagonista del romanzo che è anche la memoria storica di quei tragici eventi. E Hirut è anche il simbolo di una lotta per i diritti delle donne soggiogate a un sistema patriarcale, prima ancora di essere umiliate dagli invasori».
Guido Caserza, «Il Mattino»
«Un romanzo intenso, vivo e appassionato, da leggere per mille motivi. Mille e uno, se come italiani si desidera osservare con uno sguardo altro una parte della propria storia non ancora sufficientemente conosciuta».
Francesco Filippi, «il venerdì – la Repubblica»
«Un romanzo forte, originale e appassionante di una scrittrice nata in Etiopia, che evoca la tragedia dell'invasione fascista e la resistenza eroica di un popolo […] È un romanzo importante per noi italiani: duro, rispettoso e attendibile; e non compiacente verso i limiti della cultura maschile d'ogni paese».
Goffredo Fofi, «Internazionale»
«Il re ombra, affresco epico e corale dipinto magistralmente da Maaza Mengiste, restituisce nomi e volti ai protagonisti dimenticati della guerra d'Etiopia, le donne guerriere che combatterono contro i "talian" cancellate dalla memoria storica, i ragazzini e le famiglie gasati con l'iprite [...] Un romanzo dalla parte degli oppressi, gli etiopi, a fronte di oppressori e invasori, noi italiani "brava gente", portati dal fascismo a conquistare l'Etiopia ad ogni costo per costruire l'impero e vendicare l'umiliante sconfitta di 40 anni prima ad Adua, la Caporetto africana».
Paolo Lambruschi, «Avvenire»
«Allora, io sono maschio, bianco e italiano. E nonostante abbia sempre fatto ogni sforzo per attenermi a quanto ci sia di più bello in questa definizione, non posso fare a meno di confrontarmi con la metà oscura che nasconde. Devo continuare a ricordarla, raccontarla e combatterla, devo farci i conti, comunque, se voglio che non ci sia più. Mi piacerebbe parlarne ancora. E anche questa è una delle tante cose importanti di cui ringrazio il bellissimo libro di Maaza Mengiste».
Carlo Lucarelli, «la Lettura – Corriere della Sera»
«Sono i caduti della Guerra d'Etiopia, che la scrittrice Maaza Mengiste fa rivivere in Il re ombra, romanzo finalista al Booker Prize che avrebbe indubbiamente meritato di vincere, magistralmente tradotto da Anna Nadotti. Narratrice di raro talento, racconta la storia delle donne che, come la sua bisnonna, combatterono insieme agli uomini l'aggressione fascista, “e che tutt'oggi non sono che rghe incerte in documenti sbiaditi”».
Lara Ricci, «Domenica – Il Sole 24 Ore»