Mese: novembre 2018
Dopo il successo della serie tv in onda su Rai 1, arrivata alla seconda stagione, torna uno degli appuntamenti più attesi dai lettori, quello con i Bastardi di Maurizio de Giovanni.
Gli investigatori di Pizzofalcone sono diventati una squadra di prim'ordine. Hanno armonizzato le loro capacità pur portandosi dentro demoni e problemi personali. In Vuoto, però, devono fare i conti con un nuovo arrivo: Pisanelli, detto il Presidente, salvato da Marco Aragona, è in ospedale, e dal Piemonte arriva Elsa Martini, la più giovane Vicecommissaria del paese. Anche lei ha un lato oscuro ed è stata allontanata dal suo ambiente. È bella, capace, e rischia di turbare il fragile equilibrio di Pizzofalcone: «Cercavo un personaggio diametralmente opposto a Pisanelli, non per sostituirlo ma per rendere un altro aspetto dei Bastardi: in realtà lei è la più Bastarda di tutti, ha un passato drammatico e a Napoli riempe il suo vuoto tanto da decidere di rimanerci con la figlia» (Maurizio de Giovanni intervistato da Generoso Picone, «Il Mattino»)
Iniziare un romanzo nero, di quelli che vanno a cercare le ombre nel buio delle anime, col rumore di una carezza può sembrare forse strano. Ma se si tratta dei Bastardi di Pizzofalcone, che con le ombre proprie e altrui combattono sempre, forse tanto strano non è. Maurizio de Giovanni
Il caso è delicato: Chiara Fimiani, insegnante di lettere e moglie di un ricco industriale che si sta preparando ad entrare in politica, è sparita. Si sentiva minacciata e lo aveva confessato a una collega. L'indagine costringerà i Bastardi a muoversi con prudenza in un ambiente di uomini potenti: «La scomparsa di Chiara disegna un vuoto e l'unica cosa da fare è scavare per capire e arrivare a una verità» (Maurizio de Giovanni, «Il Mattino»).
Dopo l'incontro a tema «Bastardi» al festival Bookcity di Milano, Maurizio de Giovanni presenterà Vuoto al Teatro Diana di Napoli il 29 novembre: «Sarà una cosa diversa da ogni altra presentazione. Un vero spettacolo. Vi aspetto tutti».
Tre donne: Ingrid, Birgitta e Victoria. Umiliate, offese, disprezzate dai loro compagni ma costrette a vivere al di fuori delle mura domestiche una vita «normale», come se niente fosse. Sullo sfondo una Svezia che sembra guardare distrattamente l’onda del movimento #MeToo, anche se avrebbe molto su cui interrogarsi, come sostiene la stessa Camilla Läckberg nell’intervista rilascia a D - la Repubblica: «La gente crede che la Svezia sia una società egualitaria. Certo stiamo meglio che da altre parti, ma ancora oggi ci sono il pay gap, molto sessismo e violenza. Una vera vergogna! Nessuna classe sociale è esonerata. La sopraffazione è questione di potere».
Donne che non perdonano parte da qui, da queste tre donne che si sono stancate di subire e hanno il desiderio di vendicarsi. Ingrid è la moglie di un famoso direttore di giornale: ha sacrificato la propria carriera per quella del marito che, oltretutto, la tradisce. Victoria è una donna russa a cui hanno ucciso l’ex compagno gangster davanti ai suoi occhi e che ora si ritrova prigioniera di un ubriacone obeso che la tratta «come una bambola gonfiabile capace anche di cucinare e tenere pulita la casa». Infine c’è Birgitta, la dolce maestra apprezzata da tutta la comunità che deve combattere contro una malattia trascurata a causa delle violenze costanti del marito. Le tre storie «si intrecciano in un crescendo di suspense e violenza fino a culminare in un finale sorprendente e liberatorio» (Mara Accettura,«D - la Repubblica»).
L’autrice, una vera star internazionale i cui precedenti romanzi hanno ispirato anche una serie tv, non nasconde che il suo ultimo lavoro non è solo un thriller ma anche un libro impegnato sulla solidarietà femminile, che deve far riflettere: «Con l’età ho realizzato che ho una voce pubblica e che la gente mi ascolta. Ora voglio usarla per parlare di temi che mi stanno a cuore» (Camilla Läckberg, intervistata da Mara Accettura, D – «la Repubblica»).
Donne che non perdonano è «femminista e femminile, con le protagoniste filtrate dalla divertita e commossa partecipazione della giallista. Prima lascia emergere le sofferenze, poi si staglia l’attimo preciso dell’”Adesso basta!”, infine arriva un sadico divertimento che aumenta di pagina in pagina» (Piero Colaprico, «la Repubblica»).
Il 15 novembre esce nelle sale italiane Chesil Beach, tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan e diretto da Dominic Cooke. Nel cast, oltre a Billy Howle, c’è Saoirse Ronan, che ha interpretato la giovane Briony Tallis in Espiazione e ha vinto il Golden Globe con Lady Bird nel 2017, film con cui ricevuto la sua terza candidatura agli Oscar: «L’ho seguita a partire da quel film, e dopo averla vista in Brooklyn ho pensato che avrei voluto che interpretasse Florence. Quando Dominic mi ha detto che aveva accettato, sono stato molto felice» (Ian McEwan, «il venerdì – la Repubblica»).
Siamo nel 1962 e in una bella notte di luglio, davanti alla lunga e romantica distesa di ciottoli di Chesil Beach, ha inizio la luna di miele di Florence Ponting (Ronan) e Edward Mayhew (Howle), entrambi nuovi alle vie dell'amore. Entrambi sono innamorati l’una dell’altro ma sono nuovi alle vie dell’amore. Il loro discorso amoroso non va oltre. C’è la vergogna, l’impazienza, e la paura di non saper interpretare i segnali di un corpo sconosciuto e misterioso. Un rapporto profondo, delicato, e lo stesso McEwan ha dichiarato che «Ci è voluto molto tempo a portare sul grande schermo Chesil Beach, perché trattandosi di una storia molto intima, non volevo fosse raccontata in maniera pornografica ma con tenerezza» («il venerdì – la Repubblica»).
Anche se ambientato negli anni Sessanta i due giovani impacciati non risulteranno anacronistici: «Non credo ci sia differenza tra i giovani di oggi e di ieri. Ne ho avuto conferma quando, pubblicando Chesil Beach, mi hanno scritto sessantenni e diciottenni per ringraziarmi e dirmi che si riconoscevano in quella esperienza. I ragazzi dell’età di Edward oggi guardano moltissima pornografia sul web, poi quando affrontano la realtà, il sesso è totalmente diverso e sono altrettanto impreparati. Il problema è che il mondo dei media e dei giornali presenta ai giovani un modello sessuale di successo e spesso volgare, e nessuno parla del fatto che si tratta di un’esperienza umana che richiede tenerezza, esplorazione, accettazione reciproca, umorismo e gentilezza».
Il Nepal, un paese schiacciato fra l’India e la Cina, e da quel progresso che prima o poi lo raggiungerà. Il pellegrinaggio intorno al monte Kailash, considerato una cima sacra. Il Leopardo delle nevi di Matthiessen, scrittore partito alla volta dell’Himalaya con la speranza di incontrare il felino delle nevi, che ha finito per riscoprire la propria anima.
Tutto questo è alla radice di Senza mai arrivare in cima di Paolo Cognetti, vincitore nel 2017 del Premio Strega con Le otto montagne. È il racconto illustrato, caldo, dettagliato del viaggio che l’autore ha compiuto sul finire dei suoi quarant’anni insieme ai suoi amici Nicola Magrin, pittore, Remigio, che vive da sempre sulle Alpi dove Cognetti passa molti mesi l’anno, e a una carovana composta da una quartina di membri, fra uomini e animali.
L'Himalaya non è una terra in cui addentrarsi alla leggera: è montagna viva, abitata, usata, a volte subita, molto lontana dalla nostra. «Il diario di Cognetti è questo Kora tibetano, un viaggio che sembra procedere tortuosamente verso una meta, ma che invece è una circumambulazione continua attorno al silenzio, alla solitudine più piena, quella dove non siamo noi a sfidare superbamente la natura, ma è il suo altrove originario a espugnare senza sosta i nostri limiti» (Andrea Velardi, «Il Messaggero»).
Quando mi sono trovato in un luogo sacro, naturale, la mia preghiera è stata: Fa’ che io abbia gli occhi buoni per guardare, e parole buone per raccontare quel che ho visto. Paolo Cognetti al Circolo dei Lettori, Torino
Durante questa affascinante e faticosa esperienza l’autore ha riletto, e rivissuto, Il leopardo delle nevi di Matthiessen, uscito nel 1978: «Il Sacro Monte, scrive Matthiessen, è come il perno di una grande ruota i cui raggi sono formati da quattro grandi fiumi che scorrono fino a i mari indiani. Il cerchio è un mandala, la montagna è all’origine del mondo. È una bellissima leggenda e il viaggio di Cognetti è un po’ la rivisitazione mentale di questa leggenda, di questo mito» (Paolo Mauri, «la Repubblica»).
Il lettore può rivivere le notti infinite in tenda con Nicola, l'assoluta magnificenza della montagna contemplata con Remigio, il saliscendi del cammino in alta quota, l'alterità dei luoghi e delle persone incontrate: «Cognetti, tra pecore azzurre e leopardi invisibili, ha fatto un viaggio nell’aspra poesia della natura» (Paolo Mauri, «la Repubblica»).
L'edizione americana di Scherzetto, Trick (Europa editions), nella traduzione di Jhumpa Lahiri, è finalista del National Book Awards 2018 per la sezione «Translated Literature». Un traguardo prestigioso per Domenico Starnone, che conferma la straordinaria accoglienza che il romanzo sta ricevendo anche all’estero.
Gli altri titoli finalisti sono Disoriental di Négar Djavadi, Love di Hanne Ørstavik, The Emissary di Yoko Tawada e Flights di Olga Tokarczuk. Il vincitore verrà annunciato il 14 novembre.
L’autore ha messo due generazioni a confronto. Da una parte Daniele Mallarico, artista indolente, suo malgrado nonno, dall’altra Mario, suo nipote, un bambino vitale e curioso: «i due si completano a vicenda in modo splendido» (Tim Parks, «The Guardian»). Sullo sfondo ci sono i genitori del piccolo che mal si sopportano e Napoli, la Napoli dell’infanzia del protagonista, con tutti i suoi ricordi vividi e pungenti.
L’esuberanza di Mario metterà a dura prova Mallarico che, oltre a dover badare fisicamente al bambino, si ritroverà a fare i conti con il suo passato, rievocato dalla casa e dai luoghi della città: «Tutta l'azione del romanzo avviene nel giro di pochi giorni. In quel periodo, il nostro anziano illustratore arriva a dubitare di se stesso, della sua vita, dei suoi risultati. Discute con Mario e cerca di disegnare. Ingannevolmente semplice, il romanzo è spiritoso e dolorosamente commovente. Uno splendido racconto sulla lotta di un uomo che fa i conti con la vita che ha vissuto e con quelle che non ha avuto» («Kirkus»).
Il libro è pieno di momenti affascinanti e di osservazioni intelligenti sui rapporti familiari. Questo lavoro straordinariamente stratificato incoraggia la rilettura per portare alla luce interpretazioni nuove e sottili Publishers Weekly
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Scherzetto è in via di pubblicazione in 15 lingue.
Albania (Albas)
Brazil (Todavia)
China: Simplified Rights (Archipel Press)
Denmark (Grif)
Finland (WSOY)
France (Fayard)
Iceland (Benedikt)
Israel (Keter Books)
Korea (Hangilsa Publishing)
Norway (Bazar Forlag)
Poland (Foksal)
Romania (Litera)
Russia (Sindbad Books)
Sweden (Bazar Sweden)
World English Rights (Europa Editions)