Mese: febbraio 2018
«L’autore entra nello stato d’animo dei personaggi non svelandolo direttamente, ma descrivendo i gesti del corpo, le reazioni fisiche. E in questo mostra di mettere a frutto le sue qualità migliori: di osservatore e narratore».
Alessia Rastelli, «Corriere della Sera»
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Roma, giugno 1625. La giovane Leonora Baroni, con una lanterna tesa in avanti, avanza nei cunicoli delle catacombe di Domitilla, seguita da uno spasimante. Non ha paura del buio o di turbare la quiete dei defunti. La luce del lume, però, illumina un cadavere e, vicino al corpo, una donna completamente nuda con la faccia di capra. Inizia così Il monastero delle ombre perdute, il nuovo romanzo del maestro italiano del thriller storico Marcello Simoni, ambientato in un secolo dove superstizioni, enigmi, oscurantismo si intrecciano alla lotta contro il potere della Chiesa, dell'Inquisizione e dell'Indice.
Ad indagare su questo mistero è l'inquisitore fra' Girolamo Svampa, già protagonista de Il marchio dell'inquisitore, richiamato da padre Francesco Capiferro, segretario della Congregazione dell'Indice, dal suo esilio in Toscana.
«Capitoli brevi, numerosi protagonisti e colpi di scena, rigorosa documentazione storica, caratterizzano, come i precedenti, questo libro di Simoni, la cui scrittura si fa qui più ricercata. Quasi sempre l'autore entra nello stato d'animo dei personaggi non svelandolo direttamente, ma descrivendo i gesti del corpo, le reazioni fisiche. E in questo mostra di mettere a frutto le sue qualità migliori: di osservatore e narratore». Fra catacombe, idoli dall'aspetto sconvolgente, donne bellissime e dalle parentele ingombranti, in un Seicento quanto mai gotico, è «abile anche il coinvolgimento nell'intreccio fittizio di personaggi storici, che consente di assaporare la trama su più livelli di lettura e rimandi ad altro» (Alessia Rastelli, «Corriere della Sera», link).
Lo Svampa è abituato a cercare prove oggettive nella sua caccia al Maligno e il suo metodo non si basa sulle superstizioni diffuse tra il popolo e le alte sfere del clero. Lo stesso autore del romanzo, nell'intervista per RepTv, sottolinea l'importanza di questo aspetto: «Avevo bisogno di una prova, un indizio tangibile, del fatto che l'omicidio della vittima fosse dovuto al Maligno. Perciò lo Svampa si imbatte in quello che allora veniva definito il punctum diabolicum: secondo le credenze dell'epoca era il punto del corpo in cui il diavolo toccava l'essere umano, rendendolo suo servo o uccidendolo. Il punctum, in realtà, nel romanzo viene provocato in altro modo, in un modo molto ingegnoso che ho dovuto studiare, ho dovuto inventare, per giustificare un qualcosa che sembra sovrannaturale ma in realtà non lo è».
Borne è il nuovo romanzo di Jeff VanderMeer, autore di culto, capofila del New Weird. È noto soprattutto per la straordinaria Trilogia dell’Area X, adorata da Stephen King, elogiata in Italia da Paolo Giordano e Michela Murgia, e che da marzo sarà su Netflix, con protagonista il Premio Oscar Natalie Portman. Annientamento è il titolo dell'adattamento cinematografico.
Lo scrittore statunitense ci porta fra le macerie di una città in rovina, in un mondo che per la rivista Kirkus «ricorda La strada di Cormac McCarthy». Qui la cacciarifiuti Rachel si imbatte in una creatura misteriosa che decide di prendere con sé, dandole il nome di Borne.
Ma cos’è Borne? Una persona, un mostro, una bio-tec creata dalla Compagnia - l'enigmatica società che controlla la Città? All'inizio è poco più di una pianta che cresce a una rapidità impressionante: è un bambino curioso e frenetico; è un anemone di mare gigante che muta forma e colore. Mangia e non espelle nulla, assorbe, impara a parlare e in un istante si può trasformare in una pietra o in un umano.
Con Borne, VanderMeer prosegue la sua indagine sulla grazia malevola del mondo: ed è una meraviglia totale Colson Whitehead
L’arrivo di Borne spezza gli equilibri nella vita di Rachel: altera il rapporto con il compagno Wick alla Scogliera (il loro rifugio), la costringe a rivivere il passato e a rivalutare il presente, dominato da Mord, l’enorme orso volante bio-tec simile a un dio, creato dalla Compagnia. Per la prima volta si sente madre.
Per il Pulitzer 2017 Colson Whitehead «con Borne, VanderMeer prosegue la sua indagine sulla grazia malevola del mondo: ed è una meraviglia totale»; il romanzo invita il lettore a riflettere sull'esperienza della perdita, del tradimento, sull’importanza della fiducia. «Ma c’è qualcosa in più in quest’essere che VanderMeer mette in scena, ed è la sua capacità di mostrarsi come una sorta di intelligenza collettiva, in grado di inventarsi un nuovo linguaggio e una nuova forma di conoscenza» (Christian Raimo, Tuttolibri – La Stampa).
L’autore «ci ha portato, come in un labirinto di specchi, a porci di fronte a una specie di grande metafora della letteratura, della sua possibilità di genesi infinita, in un mondo come il nostro che sembra condannato alle sue narrazioni imposte dalla ripetizione del presente» (Christian Raimo, Tuttolibri – La Stampa).
A conferire ulteriore fascino al libro è la copertina creata da Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, già autore di quelle della Trilogia e dell’Omnibus negli Einaudi tascabili.