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Zanzare
«Disse che se le spalline del mio vestito si fossero rotte avrei devastato il paese».
Il libro
New Orleans, un’estate degli anni Venti. Un gruppo di artisti, intellettuali e giovani vari è imbarcato sul panfilo di una ricca mecenate. Durante quattro giorni di crociera sul lago, scanditi dagli attacchi di zanzare, ciascuno persegue le sue fissazioni: alcol, sesso, teorie sull’arte, critica letteraria. Con questo suo secondo romanzo, del 1927, Faulkner scrive la sua opera comico-erotica guardando soprattutto all’Ulisse di Joyce uscito pochi anni prima, a cui fa più volte riferimento. Ma il mondo rappresentato è quello di Fitzgerald, del proibizionismo, delle flappers, le ragazzine con i capelli alla maschietta che seducono molto più di quanto svogliatamente concedono. Un libro divertente, con personaggi quasi caricaturali e gag da slapstick, ma spietato. Alla fine ci si domanda se le fastidiose zanzare del titolo siano per Faulkner gli insetti o gli umani.
***
Zanzare si presenta come il romanzo di Ernest Talliaferro (pronunzia «Tolliver») che dalla prima pagina all’ultima persegue la sua infelice caccia alla donna, stendendo per il sollazzo di Fairchild e del lettore piani di battaglia che vengono inevitabilmente vanificati. Ricordiamo il diffidente Prufrock di Eliot, ma anche il Polonio digressivo e untuoso dell’Amleto e il Malvolio incoraggiato a sorridere alla sua padrona Olivia in La dodicesima notte. Faulkner sfrutta tutto il repertorio del comico, come fa nella serie dei tall tales, cioè di enormità alla Rabelais o alla Münchhausen, dedicate al «piscicoltore» Al Jackson, che propriamente rientrano nella tradizione dell’umorismo western americano, il cui maggiore esponente fu Mark Twain.
Dalla prefazione di Massimo Bacigalupo