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La rivoluzione globale
L'ascesa e la caduta del comunismo
internazionale da Lenin a Gorbacëv.
Trascorso un ragionevole lasso di tempo dal suo crollo in Europa e in
Unione Sovietica, è possibile oggi narrare la storia del comunismo
non soltanto con il distacco necessario e con l'impiego delle conoscenze
archivistiche accumulate, ma con l'intento di collocarla nella storia
internazionale del secolo scorso. Il comunismo fu parte essenziale
della formazione del mondo globale in cui viviamo. A lungo si
identificò con la prospettiva di una rivoluzione mondiale, nel solco
di Lenin e dell'Ottobre 1917. Suscitò un'attrazione o una repulsione
che contribuirono dappertutto a definire ideologie e identità, a mobilitare
risorse e coscienze, a influenzare psicologie e intelletti. Rappresentò
il fenomeno transnazionale per eccellenza. La nozione di comunismo
internazionale assunse una molteplicità di significati, che
rimandavano al rapporto tra lo Stato sovietico e un movimento di
partiti dispiegato su scala planetaria, ai miti rivoluzionari e alla «modernità
alternativa» anticapitalistica, al terrore e al progresso.
Questo volume racconta il dipanarsi della storia del comunismo internazionale
dalla rivoluzione alla disgregazione dell'Urss, passando
attraverso le vicende della guerra fredda e illuminando i motivi del
declino, emersi dopo la morte di Stalin.
Il libro
Il comunismo conobbe una formidabile espansione nella prima metà del secolo scorso e subí un tracollo vertiginoso nella seconda metà. La nascita dello Stato sovietico e del movimento comunista ebbe un enorme impatto internazionale tramite la promessa o la minaccia di una rivoluzione mondiale. Quello scenario sembrò ancora piú incombente all’indomani della Seconda guerra mondiale. L’Urss si pose alla guida di un «campo socialista» in Europa, costituendo cosí il polo antagonista all’Occidente nella guerra fredda, mentre la Cina comunista proiettava la rivoluzione nel mondo postcoloniale. Tuttavia, l’apice del progetto globale comunista celava le premesse del declino. Meno monolitico di quanto non apparisse in Occidente, il movimento iniziò a disgregarsi con la rottura tra Mosca e Pechino. Fu il primo segnale di una crisi di legittimazione destinata a farsi irreversibile. Il comunismo internazionale perse credibilità come soggetto della politica mondiale. Nel contempo, il dominio sovietico nell’Europa orientale mostrò il suo volto brutale e diventò definitivamente un fattore di discredito. L’Urss venne messa ai margini dalla globalizzazione occidentale, malgrado la sua dimensione di superpotenza. Fino a che le riforme di Gorbacëv, nel vano tentativo di rilanciare un nuovo universalismo, portarono al collasso.