Giulio Einaudi editore

Un pedigree

Un pedigree
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Patrick Modiano ricostruisce un'infanzia vissuta sotto la stella dell'assenza e dell'estraneità, mentre il mondo scorreva sullo sfondo, come in un vecchio film.
Un film pieno di personaggi affascinanti e bizzarri, che il bambino osservava da lontano, perso nei suoi sogni.

2006
Supercoralli
pp. 78
€ 12,50
ISBN 9788806178826
Traduzione di

Il libro

Un uomo e una donna si incontrano a Parigi negli anni tumultuosi della guerra. Diventano i genitori di Patrick Modiano, ma trascorrono la maggior parte della propria vita cercando di non occuparsene. Un’indifferenza tenacemente perseguita, segnata da affidamenti a persone di fiducia (che un bel giorno vengono arrestate dalla polizia) o reclusioni in collegi spartani e inospitali (dove si viene sistemati come «nel deposito bagagli di una stazione dimenticata»).

Parigi, ottobre 1942. Durante l’Occupazione un uomo e una donna si incontrano. Lui è un ebreo di origini toscane, lei è una fiamminga arrivata a Parigi inseguendo l’impossibile sogno di diventare ballerina. I due si sposano e hanno due figli, uno è Patrick Modiano. Per vent’anni vivono in un appartamento al numero 15 di quai de Conti, ma quelle che conducono sono vite parallele che a volte si intrecciano per brevi istanti ma che non si incontrano mai del tutto. Intorno a loro gravita uno strano mondo, bizzarri personaggi che appaiono e scompaiono e che per brevi periodi abitano le stanze dell’appartamento: sono uomini d’affari le cui occupazioni sono sempre indefinite e misteriose, sono cinici profittatori ed esteti da strapazzo, mediocri attori e attricette pronte a tutto, registi già affermati e amanti di personaggi famosi (come Lucky Luciano o Billy Wilder), protettori e aristocratici in declino dalla dubbia sessualità. Sono uomini e donne che prima cercano di sfuggire alla guerra e alle deportazioni e che poi si arrangiano come possono nella difficile esistenza del dopoguerra.
A essere narrato in queste pagine è un universo di volti, a tratti solo un nome o un soprannome, che Modiano cerca di far riemergere dalla profondità della memoria per ricostruire una personale carta d’identità, o meglio per tracciare un impossibile e indefinito pedigree (lasciando però la sensazione che quella raccontata non sia mai la sua vita). Ma è anche un quadro di una strana epoca in odore di disastro in cui gli uomini sembrano abitare la città come se fosse una stazione. Sono tessere di una vita sempre vissuta dall’esterno, osservata e lasciata fluire, stralci di una Parigi-labirinto ossessivamente ricostruita nella sua esattezza topografica e ricchezza di dettagli. Ma mentre gli spazi urbani vengono meticolosamente nominati: caffè, negozi, bistrot, cinema, ristoranti, garage, quartieri, piazze, nelle strade della città si muovono solo ombre del passato.
Ancora una volta, in una narrazione colma di nostalgia e mistero, Modiano ci offre un affascinante ritratto di una Parigi-mito e un racconto generoso e impietoso di uomini ed esistenze reali o forse soltanto possibili.

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