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Leggenda privata
Non c'è scampo per chi scrive: anche se credevi di esserti già messo a nudo, il passato torna sempre. E stavolta chiede il conto. Un'«autobiografia horror» in cui l'autore sfida se stesso confrontandosi con il demone piú forte di tutti: la letteratura.
Il libro
«Se la madre non lo difendeva, si formava talvolta nella mente del figlio la delirante intenzione di difenderla lui, come si evince da una fotografia scattata dal padre: autentico scudo umano, il figlio si frappone con uno sguardo che dice: “Dovrai passare sul mio cadavere”».
L’Accademia dei Ciechi ha deliberato: Michele Mari deve scrivere la sua autobiografia. O, come gli ha intimato Quello che Gorgoglia, «isshgioman’zo con cui ti chonshgedi». Se hai avuto un padre il cui carattere si colloca all’intersezione di Mosè con John Huston, e una madre costretta a darti il bacino della buonanotte di nascosto, allora l’infanzia che hai vissuto non poteva definirsi altro che «sanguinosa». Poi arriva l’adolescenza, e fra un viscido bollito e un Mottarello, in trattoria, avviene l’incontro fatale: una cameriera volgarotta e senza nome che accende le fantasie erotiche del futuro autore delle Cento poesie d’amore a Ladyhawke… Ma è davvero una ragazza o un golem manovrato da qualche Entità? Assieme a lei, in una «leggenda privata» documentata da straordinarie fotografie, la famiglia dell’autore e il suo originalissimo lessico. E poi la scuola, la cultura a Milano negli anni Sessanta e Settanta, e alcune illustri comparse come Dino Buzzati, Walter Bonatti, Eugenio Montale, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. Chiamando a raccolta tutti i suoi fantasmi e tutte le sue ossessioni (fra cui un numero non indifferente di ultracorpi), Michele Mari passa al microscopio i tasselli di un’intera esistenza: la sua. Un romanzo di formazione giocoso e serissimo che è anche un atto di coerenza verso le ragioni piú esose della letteratura.