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Irrazionalpopolare
Siamo una quasi nazione che vive una perenne condizione irrazionalpopolare. Dove l'apocalisse è sempre presente e la verità è un'altra versione dei fatti.
Il libro
Luca Mastrantonio e Francesco Bonami ci raccontano un’Italia dove la tecnologia è la nuova teologia, la famiglia è tutto, le città sono centri di ragionata follia e quelli commerciali un reality urbanistico. Una terra popolata da supereroi senza qualità. Tra Bocelli e Ventura, Moccia e Corona, Benigni e Cattelan, siamo il paese dove il successo è ottenuto grazie all’eccesso, allo sproposito e persino all’impreparazione. L’incesto consenziente è il rapporto prediletto tra scrittori, lettori, spettatori e concorrenti. Identità e realtà virtuali sono il vizio quotidiano di trasmissioni tv e reti sociali dove il mezzo annulla il messaggio. Mentre le liturgie sono senza dio come i cinepanettoni di Natale, la satira prende il posto dell’informazione, i politici gareggiano con i comici, lo snobismo è di massa e la cultura è palestrata.
Siamo passati dal nazionalpopolare irrisolto all’irrazionalpopolare attraverso una società dello spettacolo sempre più integrale, liberamente totalitaria, attivamente demagogica. L’avanguardia ha fatto scuola, la cattiva maestra e le sue assistenti sono le nuove muse. C’è informazione più che formazione, situazione e non circostanza, divertimento più che intendimento, de-costruzione e non invenzione. Di un cretino patentato con due apparizioni tv si dice «Guarda che non è uno stupido». Se diventa ospite fisso si dice «Bisogna dire che è bravo». Nell’irrazionalpopolare è bello ciò che piace senza un motivo. Anzi, è proprio la mancanza apparente di un motivo a rendere qualcosa incredibilmente più bella. È bello ciò che piace «agli altri come me» e senza un motivo apparente si prova a capire perché. Contribuendo alla crescita del suo successo. Per capire lo si penetra e se ne viene penetrati. Contagiati. Il bello, come il segnale della telefonia mobile, è tutto intorno a noi. Ed è anche dentro di noi, anche se non è nostro. La gara è con il tempo, a vivere ciò che crediamo bello, a fissarlo su un supporto tecnologico: attimo fermati perché voglio capire se sei bello. Novelli Faust incerti ma risoluti, ci basta una macchina fotografica digitale per catturare e riprodurre all’infinito quello che ci piace. Perché viviamo in una società dove regna un imperativo categorico di natura estetica: compiacersi.