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Il matriarcato. I
«Un'opera che ha attraversato quasi tutti i campi della cultura ottocentesca e che non ha finito di essere una bibbia a cui le piú svariate scuole di pensiero ancora si rifanno»
Umberto Galimberti, «Il Sole 24 ore»
Il libro
È questa la prima edizione completa del monumentale Mutterrecht (1861), l’opera piú significativa e piú nota di Johann Jakob Bachofen, mai tradotta per intero neppure in altre lingue. Rassegna enciclopedica di miti e di simboli di ogni parte del mondo, questo testo classico dell’antropologia e della storia delle religioni, piú citato che effettivamente letto, è basato sulla scoperta di uno stadio dell’evoluzione della civiltà, durante il quale il potere sarebbe stato in mano alle donne anziché agli uomini. Nel matriarcato e nell’amore della madre per i figli (riscontrato in innumerevoli figure di Grandi Madri, prima fra tutte Demetra) Bachofen esalta una sorta di «poesia della storia», e una fase di grande elevazione morale della vita e del costume. Secondo Bachofen, l’umanità si sarebbe sviluppata da una fase primordiale di promiscuità sessuale e da uno stadio matriarcale, improntato a stabilità, sicurezza e serenità, a una fase contrassegnata dalla vittoria del diritto maschile, o «paterno», che avrebbe trovato i suoi paladini in Apollo e in Augusto. Alimentato dalla costante tensione dialettica fra le società di tipo ginecocratico e i nuclei sociali che affermano il principio paterno, lo studio di Bachofen riesamina il contrasto fra le due concezioni (materiale l’una, spirituale l’altra; notturna la prima, solare la seconda) da un’angolatura inconsueta rispetto alle pubblicazioni scientifiche dell’epoca, tanto da scatenare l’ostracismo degli accademici. Con una erudizione sbalorditiva, Bachofen si muove ben al di là dell’orizzonte europeistico allora in voga, per indagare la situazione sociale della donna non solo nel mondo greco-romano classico ma anche in aree meno frequentate, come l’India e l’Asia centrale, l’Egitto, la Libia, le terre degli Incas… Apprezzata da Marx e Engels (che vi ravvedevano la transitorietà della vita borghese), finita al centro di un vivace dibattito antropologico, amata da poeti come Rilke e Hofmannsthal o da narratori come Broch, Hesse e Thomas Mann, difesa da pensatori come Benjamin, Adorno e Fromm, sovente ripresa dalla letteratura femminista, l’opera di Bachofen resta, pur con tutte le sue ambivalenze, un seducente filo di Arianna teso attraverso i regni del maschile e del femminile. Anche se alcuni suoi dati possono risultare oggi superati o inesatti, essa continua a restare l’esempio di un incontro straordinario con una figura mitica, la mater, con cui ogni generazione si incontra e si misura, come rileva Furio Jesi, iniziatore di questa traduzione, nel saggio che accompagna il volume.