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Qualcosa c’inventeremo
«Nella loro casa non c'erano regole, c'erano le
abitudini: come quella dei salmoni di risalire i fiumi.
Mica gliel'aveva detto qualcuno ai salmoni che se
volevano sopravvivere dovevano nuotare contro
corrente».
Giorgio Scianna, Qualcosa c'inventeremo
Il libro
Cosa fanno due ragazzini da soli in casa, senza adulti tra i piedi – e non per un pomeriggio ma per giorni, settimane? È il desiderio piú segreto di ogni adolescente e insieme l’incubo peggiore, ma per Mirko e Tommaso è semplicemente la realtà: sono rimasti soli. E adesso, se vogliono una famiglia, se la devono inventare. Un romanzo tesissimo e commovente, che si legge senza tirare il fiato.
Gli adulti la chiamano «la situazione»: la professoressa Mavaldi, zio Eugenio e zia Marge, persino quello spostato dello zio Gil. La situazione è che Mirko e Tommaso Turriani, orfani da pochi mesi, affidati dal tribunale allo zio che abita a Pavia, non hanno nessuna intenzione di lasciare la loro casa di Milano. Il prezzo piú alto per restare da soli sono certi di averlo già pagato, e adesso sanno che rigare dritto è l’unico modo per andare avanti. Dunque prendono ottimi voti, mangiano le verdure, conservano tutti gli scontrini e vanno a letto presto. Solo che la vita – loro lo sanno bene – non sempre è d’accordo con noi su quello che ci spetta. E quando Mirko decide di mentire per andare a Madrid a vedere la finale di Champions – per andarci con Greta, per passare una notte con lei – non può immaginare di aver dato il via a un conto alla rovescia, una valanga a orologeria che rischierà di travolgere tutti. L’idea è semplice, il risultato è sovversivo: perché Giorgio Scianna non si limita a disinnescare i cliché, ma li capovolge uno per uno. E reinventandosi il personaggio-tipo dell’adolescente ribelle ne fa emergere gli aspetti piú profondi. Riuscendo in quel piccolo miracolo che avviene a volte dentro i libri: ti commuovono e ti divertono, ricordandoti che cosa significa crescere e far crescere qualcuno. Un romanzo trascinante, potentissimo, narrato da una voce che non descrive il dolore ma ne dice l’essenza. Senza smancerie, senza sentimentalismi. Come farebbe un ragazzino.