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I cannibali
«Una feroce accusa di tutta la civiltà che ha potuto generare Auschwitz: la nostra civiltà occidentale».
Giorgio Pressburger
Il libro
«La narrazione di Tabori è spietata; la degradazione, i brandelli di cultura che penzolano dalla bocca di quei prigionieri ridotti a larve, la beffarda ironia tipicamente yiddisch che risuona in modo fantomatico, l’assassinio, la violenza tra i prigionieri stessi, la citazione di grandi brani biblici fanno di quest’opera (privata di quell’impeto ideologico che animava Brecht, ma riempita di vero inamovibile sdegno), una feroce accusa di tutta la civiltà che ha potuto generare Auschwitz: la nostra civiltà occidentale. Tutta l’opera teatrale di Tabori è improntata a un’ironia senza inibizioni di fronte al pubblico, il quale, durante la sua permanenza a Vienna, negli anni Novanta del secolo passato, ne aveva fatto il suo beniamino. Certe serate nelle sale minori del Burg Theater erano accompagnate da fragorose risate e da grandi applausi. Quel macabro umorismo centroeuropeo coglieva nel segno. Una delle sue commedie di maggior successo, Le variazioni Goldberg, cominciava con la proiezione di due scritte successive sul nudo muro del palcoscenico: “Dio è morto. (Nietzsche)” era la prima, seguita un attimo dopo da: “Nietzsche è morto. (Dio)”. Fin da quell’istante la complicità del pubblico e il successo erano assicurati».
Giorgio Pressburger