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Aneddoti infantili
«A sette anni ero già una grande peccatrice. Al mio primo esame di coscienza, scopersi di avere tutti i peccati mortali, ad esclusione di uno di cui non sapevo il significato. Una del ginnasio mi spiegò che voleva dire "amore smodato al lusso" ed io con un brivido mi accorsi di avere anche quello, perché mi piaceva oltremodo il fasto, e sempre mi promettevo che, dopo le mie nozze con un conte ricchissimo, avrei portato dieci anelli, uno per dito, e tutti con pietre differenti».
Il libro
Il tempo è quello esuberante delle schermaglie infantili – con i fratelli, i compagni di scuola, le istitutrici irreprensibili, il primo amore incontrato sul tranvai numero 7, la passione per Lindbergh l’aviatore. La voce, ironica e maliziosa, sorprendentemente giocosa, è quella inconfondibile di Elsa Morante.
La memoria è il terreno fertilissimo in cui affondano le radici questi racconti giovanili – di cui due mai pubblicati in volume – di Elsa Morante. Racconti scanzonati nei quali, come ha scritto Cesare Garboli, domina «il sorriso, la civetteria, la capacità di giocare e di mantenersi, nel gioco, intelligenti e innocenti». Come quando Elsa organizza una recita di cui si fa regista, ma poi gli attori, venuto il momento, recalcitrano dirottando lo spettacolo verso il disastro; oppure quando a scuola scrive lettere d’amore infuocate a Lindbergh l’aviatore, firmandosi «Velivola»; o quando, ancora, intrufolatasi di notte in cucina, sorprende la severa Mademoiselle mentre fuma il sigaro. Si tratta di «fantasie infantili» pubblicate tra il 17 giugno 1939 e il 20 gennaio 1940 sul settimanale «Oggi», dove Elsa Morante tenne una rubrica intitolata «Giardino d’infanzia»: uno spazio in cui poté affinare il suo sguardo acuminato e la sua lingua corposa, e incarnare in un campionario di immagini e personaggi vivacissimi la sua vocazione precoce. «Mia madre raccontava, traboccante di legittima baldanza, che all’età di due anni e mezzo, girando intorno alla tavola, avevo composto il mio primo poema in versi sciolti. Ed io covavo un empio rancore contro di lei, che aveva partorito un simile prodigio».