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La Shoah dei bambini
Un libro che riattraversa «con occhi
di bambino» le tragiche vicende della
persecuzione antiebraica.
La storia della persecuzione antiebraica attuata dal fascismo tra il
1938 e il 1945 ci è ormai ben nota, ma raramente ci si è soffermati
a riflettere su cosa abbiano significato quei tragici sette anni per i
bambini italiani. Per i bambini «ariani», cresciuti nell'educazione
al razzismo e alla guerra, e, soprattutto, per i bambini ebrei, allontanati
da scuola, testimoni impotenti della progressiva emarginazione
sociale e lavorativa dei genitori, quando non della distruzione e
dell'eliminazione fisica della propria famiglia. Da questa prospettiva
- peculiare, e tuttavia indispensabile per comprendere l'essenza di
una persecuzione razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita
- la storia che abbiamo alle spalle assume nuovi significati e
stratificazioni. Il regime fascista iniziò ad attuare la discriminazione
proprio dal mondo della scuola, e i bambini ebrei - prima espulsi,
poi separati, esclusi ed infine internati - furono vittime tra le vittime.
Una parte di essi fu poi deportata, gli altri dovettero fuggire e
nascondersi per molti mesi. Bruno Maida ne ripercorre la storia attraverso
i progressivi stadi della persecuzione, attento a cogliere non
solo lo sguardo che l'infanzia ebbe di fronte al turbinio dei fatti, ma
la portata politica di una ferita impossibile da sanare, se non, forse,
in un profondo tentativo di comprensione. Sapientemente in bilico
tra due registri - narrativo e storiografico - il libro si colloca in un
filone d'indagine che vede crescere a livello internazionale l'interesse
verso la storia dell'infanzia nel Novecento.
Il libro
Questo libro racconta la storia dei bambini ebrei che furono perseguitati e deportati dall’Italia, in una vicenda che si dipanò dal 1938 al 1945. Esso non ripercorre solo le complesse realtà che vissero gli adulti bensí riattraversa quegli anni «con occhi di bambino». È un’espressione, questa, che non significa solo collocare al centro della narrazione il punto di vista dell’infanzia e i percorsi di una memoria specifica, segnata da esperienze in parte diverse rispetto a quelle dei genitori. È un’espressione che sottolinea come nella ricostruzione storica della persecuzione e della deportazione dei bambini italiani ebrei vengano analizzate le strategie e i comportamenti della vita quotidiana – dal gioco allo studio, dal rapporto con gli altri famigliari agli oggetti e ai luoghi – che restituiscono un mondo articolato di paure e speranze. Il libro racconta sia come vissero concretamente quei bambini, sia l’aspetto psicologico piú strettamente legato al trauma, poiché fu un’esperienza che coincise con la fase della crescita, indirizzando per sempre alcuni elementi della loro identità e del loro rapporto con il mondo. Il tema della mancata reintegrazione, in termini materiali e simbolici, da parte del nostro paese, induce l’autore a spingere la sua ricostruzione fino al dopoguerra, cosí da portare la riflessione sulle responsabilità collettive che tuttora ci interrogano.