Giulio Einaudi editore

La vita non è in ordine alfabetico

La vita non è in ordine alfabetico
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Basta una manciata di parole per provare a raccontarsi. Infanzia. Mattina. Drago. Senza. Ognuno ha le sue. Sigaretta. Quindici. Amore. Dentro c'è posto per spiccioli di gioia o disperazione, allegrie scoppiate come petardi, attimi in cui tutto di colpo si è rovesciato, lasciandoci inermi e stupiti di fronte a noi stessi.
Tutti vorremmo provare a mettere la vita in ordine alfabetico. Ben sapendo che, purtroppo e per fortuna, in ordine alfabetico la vita non ci sta.

2014
L'Arcipelago Einaudi
pp. 136
€ 12,50
ISBN 9788806213213

Il libro

Il giorno in cui il maestro insegna ai bambini l’alfabeto è la fine e l’inizio di un mondo. La fine di un mondo in cui le cose succedevano e basta, e l’inizio di uno in cui possono essere messe in fila indiana in forma di parole. La vita intera passa attraverso le molteplici combinazioni di quelle ventuno lettere: sorprese, delusioni, imprevisti, nascita e crescita, persino la morte. Trentotto storie brevi, trascinanti e poetiche, piene di profonda leggerezza. Ciascuna di loro, una parola. Ciascuna di loro, il mondo. Sono epifanie scovate quasi per caso negli interstizi del quotidiano: lo smarrimento di una donna di fronte alla rottura di un braccialetto dei desideri, l’impossibilità di resistere dal prendere a calci un pallone che rotola per strada, il sollievo con cui si consegna a uno sconosciuto la propria storia sapendo che non lo si vedrà mai piú, il piacere perverso di rimettere in circolazione una banconota falsa ricevuta chissà dove. Con l’incanto prodigioso della sua scrittura, Andrea Bajani compone una commedia umana in miniatura, in cui ogni piccolo gesto può diventare una chiave per capirsi, e rendersi conto che la felicità, alla fine, sta dentro la piega che di colpo prendono le cose.

***

«Abbiamo solo ventuno lettere, ha detto il maestro. Con quelle dovremo fare tutto: ridere, piangere, consolare, amare, contraddirci. Dire quando siamo felici, non far capire quando non lo siamo piú, ingoiare una parola che potrebbe ferire, tenercene una tra le mani come una cosa fragilissima e preziosa».

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