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Don Winslow «Il confine»
«Il confine mi ha totalmente conquistato. Attento, furente, pieno di suspense, a tratti comico, e sempre avvincente. Un libro duro ma importantissimo».
Stephen King
Con Il confine Don Winslow chiude il suo romanzo epico colossale, dopo Il potere del cane e Il cartello. Questo ultimo atto, definito da Stephen King «al livello di Tom Wolfe e John Steinbeck», dipinge un ritratto di straordinaria potenza dell’America d’oggi.
Art Keller continua a condurre la sua personale, durissima lotta contro il narcotraffico; lui, di madre messicana e padre americano, giganteggia come un eroe tragico, nello scontro fra venditori e compratori, di fronte ai Cartelli della droga che consumano i loro traffici e le loro guerre fra Guatemala, Messico e Stati Uniti. I nemici però non sono solo fra i campi di papaveri, sono dappertutto: nei palazzi del potere, dentro la polizia, alla Casa Bianca.
Libro finale e capolavoro assoluto. Una tragedia shakespeariana dove amore, morte, coraggio, viltà convivono grazie ad alcune insuperabili abilità dell’autore. Massimo Vincenzi, «Tuttolibri – La Stampa»
Un romanzo sì, ma anche «un libro politico, visto che il principale rivale del super poliziotto è un senatore ultraconservatore (tratteggiato alla perfezione), abile su Twitter e con un slogan da ripetere all’infinito: “Quando sarò presidente costruirò un muro tra noi e il Messico così non passerà neppure uno spillo”. Facile capire a chi si è ispirato Don Winslow che non nasconde: “Questo libro non piacerà a molte persone”» (Massimo Vincenzi, «Tuttolibri – La Stampa»).
Keller si muove in una America crudele e feroce, dove è difficile distinguere gli amici dai nemici; molti lo vogliono eliminare, ora che è diventato capo della Dea. In Messico oltretutto è nata una guerra per riempire il vuoto lasciato da Adán Barrera e questo caos assume tinte shakespeariane: «Ha sempre avuto un’enorme influenza su di me, anche ne Il confine: avevo bisogno di cinque atti e il risultato è perfetto. Anche la guerra per la successione del narcotrafficante Adán Barrera ricorda il trapasso da Enrico V a Enrico VI in Shakespeare, il vuoto dinastico da colmare, la tragicità caotica dei personaggi» (Don Winslow intervistato da Antonello Guerrera, «la Repubblica»).
La storia è feroce, esplosiva, rabbiosa, attuale. Sembra non esserci muro capace di fermare il narcotraffico, e ogni tentativo di innalzarlo presenta crepe enormi. «Oltre alla barriera fisica, volevo dipingere soprattutto quella morale. E cioè il confine tra i nostri istinti migliori e peggiori, il limite tra umanità e disumanità, tra gli angeli e i demoni della nostra natura» (Don Winslow intervistato da Antonello Guerrera, «la Repubblica»).
Con Il confine Don Winslow tira le fila di una storia di violenza e vendetta, corruzione e giustizia, ormai divenuta leggenda; «è pure uno spaccato culturale di una terra in cui bene e male sono sempre più sfumati, quasi come inglese e spagnolo, che ormai se la giocano ad armi pari» (Seba Pezzani, «il Giornale»).
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2023Art Keller pensava che una volta scomparso Adán Barrera avrebbe trovato pace. Si sbagliava. A prendere il posto che è stato di Adán, e prima ancora di suo zio don Miguel Ángel, ci sono già Los Hijos, la terza generazione. E ora, a capo della...